TAVAGNACCO (Ud). Un friulano nell’équipe che ha scoperto le ossa più antiche del Nord Italia.

TAVAGNACCO (Ud). Un friulano nell’équipe che ha scoperto le ossa più antiche del Nord Italia.

Un “colpaccio”, come ripete entusiasta lui, è dire poco. È un pezzo di preistoria che emerge grazie al duro lavoro e alla passione. E, probabilmente, tra qualche anno, sui libri di scuola comparirà anche il nome di Riccardo Galla, con la notizia del ritrovamento dei più antichi resti umani del nord Italia.
Il ricercatore di Branco, 29 anni, fa parte del team dell’università di Ferrara che a fine giugno ha rinvenuto, durante una campagna di scavi nella Grotta di Ciota Ciara a Borgosesia, l’incisivo inferiore di un uomo e un osso occipitale intero risalenti a oltre 280 mila anni fa.
Il gruppo di ricercatori – guidato dalla professoressa Marta Arzarello – aveva iniziato a lavorare ad inizio giugno, ma non era successo nulla di eccezionale. Quel giorno la squadra era divisa, alcuni si trovavano all’esterno dalla Grotta, altri all’interno. E sullo scavo c’erano oltre al giovane di Tavagnacco, anche Sara Daffara e la paleoantropologa, Julie Arnaud.
«È stata proprio quest’ultima a individuare materialmente il dente che appartiene all’Homo heidelbergensis, un predecessore di Homo neanderthalensis– racconta –. È rimasta a lungo in silenzio, perplessa. Ma ha subito dubitato si trattasse di un animale. Avevamo una sorta di timore reverenziale rispetto a quello che stava accadendo. Dopo molte valutazioni e confronti, anche sulla struttura, ci siamo convinti del fatto che fosse un dente umano: la conferma è arrivata qualche giorno più tardi, quando nelle vicinanze abbiamo ritrovato anche un pezzo di cranio».
Riccardo non aveva mai visto nulla di simile dal vivo. «Una grande emozione – aggiunge –, ma sono soddisfatto soprattutto per i ricercatori compagni di scavo: la loro ricerca, la preparazione, i sacrifici sono stati ripagati. Mi ha fatto piacere sia per senso di amicizia, sia perché sono per me una fonte di ispirazione».
Vivere di archeologia non è una scelta facile. Il 29enne ha intrapreso quella strada un po’ per caso. «Terminate le superiori all’agrario di Cividale ho scelto l’università di Scienze per l’ambiente e la natura a Udine, ma per una serie di motivi ho lasciato – spiega –. Così ho lavorato per un po’, fino all’illuminazione, durante un viaggio in Scozia, dopo aver visto le pietre scolpite dai Pitti».
Si tratta di una confederazione di tribù che abitavano quelle terre che poi divennero la Scozia. Si è prima iscritto alla Società friulana archeologia, poi alla triennale a Padova, infine la magistrale a Ferrara, dove esiste un corso specifico dedicato alla preistoria.
«Mi appassiona perché è un periodo in cui l’uomo non aveva nulla, viveva all’avventura e tutto doveva ancora essere scoperto» afferma. Dopo questo exploit – che anche papà Andrea, mamma Daniela e il fratello Vincenzo hanno accolto con orgoglio – Riccardo, al lavoro sulla sua tesi, non vede l’ora di tornare nella Grotta, il prossimo scavo è in programma nel 2020: «C’è sicuramente molto altro da scoprire». —

Autore: Margherita Terasso

Fonte: www.messaggeroveneto.it, 11 luglio 2019