LA VITE MARITATA ALL’OLMO, di Maurizio Buora.

LA VITE MARITATA ALL’OLMO, di Maurizio Buora.

Dalla letteratura latina conosciamo una pratica agricola che si è mantenuta per duemila anni – e forse più – in Italia. Si tratta della vite maritata all’olmo, di cui parla Virgilio all’inizio del libro I delle Georgiche (ulmisque adiungis vitis / conveniat) con riferimento a una modalità che viene ripresa e commentata dagli scrittori di agricoltura anche nei decenni successivi, specialmente da Columella.
Che questo modo di disporre le viti fosse usuale anche ad Aquileia è chiaramente indicato dal testo di Erodiano, il quale descrive, poco dopo i fatti, l’assedio di Massimino il Trace ad Aquileia nel 238 (Storia dopo Marco Aurelio 8,2-5).
Accostatisi alla città, che cinsero d’assedio, i soldati di Massimino distrussero i sobborghi e i campi coltivati, specialmente gli alberi e le viti che vi si accoppiavano in simmetria.
Con l’illuminismo rinacque da un lato la trattatistica agricola e dall’altro il gusto per la sperimentazione di nuove forme di coltura e per il miglioramento di quelle esistenti. Basti ricordare, a questo proposito, Antonio Zanon (+1770) che fondò a Udine la Società georgica, ovvero la prima accademia agraria dello stato veneto.
viteUn singolare personaggio che sperimentò in proprio nuove modalità agrarie fu Giovanni Bottari. Nato a Chioggia, di carattere alquanto difficile, fu costretto più volte a cambiare residenza, spostandosi a Cesarolo e a S. Michele al Tagliamento. Per le sue idee libertarie e filofrancesi fu anche incarcerato per diciotto mesi nella fortezza di Palma. Fu un agronomo molto capace e scrisse più opere, di cui solo una parte furono pubblicate, durante il napoleonico Regno d’Italia . Tra queste quella che forse ebbe maggiore successo e diffusione fu L’accoppiamento delle viti ai gelsi senza che scambievolmente si nuocano (Alvisopoli, 1810). In esso egli descrisse il metodo che aveva adottato nel suo podere, presso Latisana, fin dal 1786.
Una serie di interessanti documenti grafici ci permette di visualizzare la pratica della viticoltura in Aquileia nel periodo napoleonico e subito dopo.

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La prima immagine è uno schizzo di Leopoldo Zuccolo (fig. 1) che ci presenta due operai intenti ad uno scavo archeologico in Aquileia: sullo sfondo si vedono più filari di viti “maritate” ad alberi di alto fusto.
Una decina di anni dopo, nella stessa Aquileia ma in un’altra zona, nella pianta degli scavi condotti tra marzo e aprile del 1820 per conto di Elisa Baciocchi vediamo un altro filare di viti collegate ad alberi (fig. 2). Infine nella seconda metà dell’Ottocento, dopo che nel 1877 era stata scoperto il primo cardine a ovest del foro (ancora oggi visibile quando non ricoperto dalla vegetazione) vediamo ancora dei filari di viti (fig. 3), in una zona poco più a sud dell’area rappresentata nella fig. 2, però su terrazze a quote diverse. La cosa sarebbe del tutto ovvia in ambito collinare, mentre ad Aquileia, quasi al livello del mare, appare ai nostri occhi inconsueta.
Maurizio Buora